La
doppia
iscrizione
ZOOM TESTO
Nel 1906, in occasione di alcuni lavori al selciato di piazza Duomo, venne alla luce questo blocco in pietra del Cansiglio, tecnicamente definito opistografo, ovvero scritto su due facce. Su una di queste, contenente la scritta più antica, è possibile leggere quanto rimane di una dedica a un imperatore del periodo dell’anarchia militare, poi condannato alla damnatio memoriae. Sull’altra, datata al 323 – circa sessant’anni dopo la dedica imperatoria –, compare un curioso testamento scritto, in maniera del tutto inusuale, su pietra. Evidentemente risultante da un reimpiego disposto già in epoca antica, l’iscrizione del 323 d.C. è, ad oggi, il più discusso documento epigrafico conservato a Feltre e ha suscitato l’interesse di studiosi provenienti da tutta Europa. Nella parte superiore del blocco è presente un profondo incavo nel quale si innestava la statua dell’imperatore a cui era originariamente dedicata.
Base di
statua
dedicata a
un imperatore
dell’anarchia
militare
La faccia più antica risulta difficilmente leggibile ma, con un’adeguata illuminazione, il testo integrale è ancora decifrabile. Come detto in precedenza si tratta di una dedica imperatoria. Il monumento, dunque, nasce come base di una statua. Il soggetto onorato però non fu un regnate dei tempi più fecondi dell’impero ma fu uno di quei tanti sovrani che si alternarono a Roma nel cosiddetto periodo dell’anarchia militare (235-284 d.C.). Si tratta di un momento piuttosto turbolento della storia romana che vide succedersi sul trono ben 27 imperatori in 49 anni. Nella maggior parte dei casi questi assumevano il potere con la forza, generalmente a seguito di una guerra civile o di una congiura di corte, e lo perdevano nello stesso modo. Per questo motivo moltissimi sovrani di questo periodo, una volta defenestrati, erano oggetto di damnatio memoriae. In sostanza tutte le statue dedicate agli imperatori oggetto di damnatio venivano distrutte mentre le dediche delle basi venivano erase. E’ esattamente questo il caso della base feltrina di cui possiamo riuscire a leggere la titolatura dell’imperatore (le cariche onorifiche che il sovrano assunse in vita) ma non il suo nome proprio che, come accennato, è stato oggetto di erasione. Dall’analisi della titolatura si suppone che il regnante sia uno di quelli succedutosi tra il 284 e il 293 d.C. I dedicanti della statua, menzionati nell’ultima riga, furono i decurioni feltrini, ovvero i componenti del senato locale di Feltria (ordo decurionum).
Il dies
natalis e
il lascito
testamentario
di Ostilio
Flaminio
Evidentemente frutto di un caso di reimpiego già in antico, l’iscrizione del 323 d.C. è ad oggi il più discusso documento epigrafico di Feltre, che ancora oggi attrae l’attenzione di studiosi da tutta Europa. Ma perché questo lascito testamentario è ancora così dibattuto? I motivi sono essenzialmente due: da un lato è l’unica testimonianza della Gallia Cisalpina in cui pare definirsi la questione del dies natalis della città di Feltre e che quindi fissa una data precisa (39 a.C.) in cui la gran parte dei centri del Nord Italia sarebbero diventati a tutti gli effetti municipia romani. Dall’altro l’iscrizione è oggetto di attenzione soprattutto dei numismatici perché offre una serie di spunti importanti per valutare il vero valore dell’oro nella prima metà del IV secolo d.C.
Il dies
natalis
Alla prima riga del testo è presente la datazione consolare. I romani usavano indicare l’anno in corso specificando chi fossero in quel momento i consoli in carica. In questo caso troviamo Severus e Rufinus consoli: l’anno indicato è dunque il 323 d.C. Oltre alla datazione consolare troviamo però, nell’ultima riga dell’iscrizione, la lettera “N” seguita da una cifra in numeri romani: CCCLXII.
Per molto tempo gli studiosi si sono confrontati sul significato di NCCCLXII; soltanto recentemente è stata avanzata l’ipotesi più convincente secondo cui si tratterebbe dell’indicazione del dies natalis della città. Sulla base di un’usanza che trova riscontro soprattutto nel municipium di Patavium (Padova), nelle città spesso si nota l’esistenza di una sorta di calendario locale che aveva il suo anno zero nella data di municipalizzazione della città. Di fatto si tratta dello stesso criterio con cui gli anni venivano contati a Roma con la locuzione ab urbe condita. Accogliendo dunque questa ipotesi, l’iscrizione funebre di Hostilius Flamininus, oltre ad indicare la data del 323 a.C. con la datazione consolare, preciserebbe anche che tale iscrizione sarebbe stata realizzata nel trecentosessantaduesimo anno della città di Feltre. A questo punto, con una semplice sottrazione (323 – 362) possiamo ricavare l’anno zero di Feltria.
Il risultato porterebbe al 39 a.C., perfettamente in linea con l’evoluzione politico-amministrativa che negli ultimi decenni del primo secolo a.C. portò alla municipalizzazione dei centri transpadani. Un dato assolutamente significativo che ci permette di far luce non solo su Feltria ma anche su un importantissimo passaggio della storia del nord-est italiano in quel cruciale frangente storico.
Al padre lucius octlavius tetius figlio di lucio, della tribù menenia
Al fratello lucius octlavius florentinus figlio di Lucius, della tribù menenia
Lucius Oclatius Rocianus, figlio di Lucius, della tribù menenia, quattuorviro, prefetto iure dicendo, addetto all'arcario, fece da vivo
