Frammenti di iscrizioni retiche

Frammenti
di
iscrizioni
retiche

In un celebre passo della sua Naturalis Historia, Plinio il Vecchio rimarcò l’origine retica dei feltrini. I reti, popolazione dell’Italia preromana, erano presenti in diversi punti dell’area delle Alpi centro-orientali. In particolare si insediarono nella Valle dell’Inn e in Tirolo, spingendosi fino al feltrino, che pertanto fu una delle propaggini meridionali del loro territorio. Pare non fossero di estrazione indoeuropea, un aspetto che probabilmente li fece assomigliare, almeno sul piano linguistico, agli etruschi.

Gli stessi romani li consideravano, erroneamente, degli “etruschi inselvatichiti”. Il grande Tito Livio li narrò come “transfughi etruschi” che, guidati dal re eponimo Reto, scapparono sulle Alpi a causa della discesa dei Galli del IV secolo a.C.. Una leggenda però smentita dalla storiografia recente, perché, al momento dell’invasione, i loro insediamenti erano esistenti da tempo.
Eppure, la forte affinità fra la lingua retica e l’etrusco rimane indubbia. Due frammenti di un’iscrizione rinvenuti alla fine dell’Ottocento sembrerebbero confermare l’ipotesi.

Ancor oggi non sappiamo comprendere appieno la lingua retica e permangono molte incertezze. Tuttavia, secondo molti studiosi, sui reperti feltrini è riconoscibile una dedica a Tinia: il Giove etrusco. Sono poi citate anche altre due divinità, tuttora sconosciute. Altri hanno invece sostenuto che la parola Silnanz, inscritta sul secondo frammento, non sia riferita a una divinità, ma al dedicante. Se così fosse, la parola avrebbe un valore straordinario, perché sarebbe il più antico nome di un abitante di Feltre lasciatoci dalla Storia.

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