L’esculapio di Feltre

 

Questa statua è il simbolo dell’archeologia feltrina e rappresenta la più grande rappresentazione del dio della medicina finora portata alla luce in tutto il centro-nord Italia.

L’Esculapio
di Feltre

 

Questa statua è il simbolo dell’archeologia feltrina e rappresenta la più grande rappresentazione del dio della medicina finora portata alla luce in tutto il centro-nord Italia.

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L’opera fu ritrovata nell’agosto del 1974 durante dei lavori in piazza Duomo. Probabilmente non si trovava nella sua posizione originaria e quindi, ancora oggi, non è nota quale fosse la sua destinazione in età antica.
Il corpo principale della scultura è alto 189 cm per un peso di circa 800 kg. Le analisi hanno dimostrato il notevole pregio del marmo, proveniente dall’isola greca di Paros, mentre il tratto stilistico della rientranza della veste sopra alla mano sinistra della divinità sarebbe un segno utile a identificarne la produzione ad Aquileia.

I motivi
della
frammentazione

La scultura è acefala e assai frammentata, soprattutto in corrispondenza del bastone con il serpente, che è la parte distintiva della rappresentazione di questa divinità.
Il fatto che siano stati individuati oltre 200 frammenti della statua ha indotto gli studiosi a ritenere che possa essere stata distrutta intenzionalmente, probabilmente in linea con la prassi di abbattimento propria della fase di passaggio fra il paganesimo e l’avvento del cristianesimo. Del resto le effigi di Esculapio erano spesso soggette a tale pratica perché il dio della medicina, venerato per la guarigione dei malati, era visto in contrapposizione con la figura di Cristo.

La diffusione del culto in area nord-adriatica: Esculapio come risposta alla pandemia

Nell’area della Venetia et Histria il culto di Esculapio era particolarmente diffuso, tanto che la regione nord-adriatica, a eccezione di Roma, è l’area in cui se ne attesta il maggior numero di testimonianze. Tale diffusione si deve innanzitutto all’influenza della città di Aquileia, capoluogo territoriale e porta verso l’oriente, dove tale culto era particolarmente diffuso. A ciò si aggiunga la datazione predominante delle attestazioni al II sec. d.C., corrispondente al periodo in cui il territorio della Venetia subì la grande invasione barbarica dei Quadi e dei Marcomanni. Popolazioni germaniche che furono determinanti per la diffusione della prima grande epidemia documentata nella Storia: la “peste antonina”. Pertanto, non è improbabile che la diffusione del culto di Esculapio nell’Italia nordorientale fosse stata una risposta alla propagazione del morbo.

Esculapio nell’alta valle del Piave

Se si prende in considerazione l’alto corso del Piave, nei tratti interessati dai municipia di Feltria, Bellunum e Iulium Carinicum (l’attuale Zuglio il cui ager comprendeva anche il Cadore), le testimonianze riferibili al dio della medicina sono maggiori rispetto a qualsiasi altra divinità.
Si ha notizia di due iscrizioni, purtroppo andate perdute, esistenti nel territorio di Bellunum. Una di queste, rinvenuta nel territorio dell’antico Pagus Laebactium (Castellavazzo), parlava di una teofania. Il reperto è purtroppo scomparso durante la tragedia del Vajont, ma la sua incidenza nella cultura popolare fu significativa, tanto che il serpente di Asclepio è ancora presente nello stemma del Comune di Longarone Castellavazzo.
Occorre infine ricordare che più a nord, presso i laghetti di Lagole nell’attuale Comune di Calalzo di Cadore, sorgeva fin dall’età preromana un santuario dedicato a divinità venetiche connesse alla sfera della guarigione.
Oggi non siamo in grado si spiegare il motivo di una così diffusa devozione per le divinità salutifere. La caratteristica pare tuttavia contraddistiguere il culto del territorio riferibile all’attuale provincia di Belluno.

Il restauro e l’esposizione

Soltanto nel 2015, dopo oltre quarant’anni dal suo ritrovamento, la grande statua di Esculapio è stata finalmente esposta al pubblico nell’ambito della mostra “L’Esculapio di Feltre, dal rinvenimento al restauro”, realizzata presso l’oratorio dell’Annunziata grazie alla collaborazione tra il Comune di Feltre e diverse associazioni culturali cittadine.
Il restauro dell’opera, finanziato dalla ditta Unifarco, è stato il primo caso in Italia di applicazione dell’artbonus per un bene archeologico. L’intervento, oltre alla pulitura e alla ricomposizione dei frammenti, si è avvalso della decisiva collaborazione del CNR per la progettazione del supporto in alluminio che, oltre a sorreggere la scultura in maniera non invasiva, ha una funzione antisismica.