Fin dalle origini la città oscilla tra due mondi a prima vista inconciliabili: la montagna e la pianura. Ancora oggi, a chi viene da Nord, Feltre propone la prima immagine di Venezia; per chi la raggiunge da Sud, rappresenta la porta delle Dolomiti.

Vi furono dei momenti in cui i sistemi territoriali della pianura e della montagna vennero unificati dal punto di vista amministrativo in un unico quadro politico. È senza dubbio questo il caso dell’età romana e non stupisce il fatto che, proprio da queste fasi, Feltre seppe trarre il massimo vantaggio. Inserita in un unico contesto statuale, Feltria riuscì a sfruttare la sua strategica posizione geografica, soprattutto nei primi secoli dell’età imperiale. Quando nel 39 a.C. Feltria divenne municipium, alla città fu assegnato un vasto territorio da amministrare che comprendeva gran parte della Valbelluna (tra Feltre e Belluno) e quasi l’intera Valsugana. L’appartenenza di quest’ultima all’ager feltrino è ancora oggi testimoniata da una iscrizione rupestre posta ad oltre 2000 metri d’altezza sul Monte Pergol, nella catena del Lagorai. Il primo secolo si caratterizzò anche per la costruzione della grande arteria stradale della Claudia Augusta, completata dall’imperatore Claudio nel 47 d.C. La strada collegava la pianura veneta alla Germania e aveva in Feltria un punto nodale, come si evince dal famoso miliare conservato nella Villa delle Centenere nel vicino comune di Cesio Maggiore. Caratterizzandosi come città intermedia tra il mondo alpino e quello della pianura, il centro feltrino sviluppò un’economia basata prevalentemente sul commercio del legno e della lana.

Nell’età romana, dunque, in un clima di relative pace e prosperità, si determinò una situazione in cui il fiorire dei commerci è testimoniato da un’ampia ricorrenza, nei reperti epigrafici, dei collegia professionali e da figure come quella di Caius Firmio Rufinus, nella base di statua a lui dedicata, che furono in grado di rivestire ruoli di carattere sovra cittadino.